La Stampa I
La Stampa II
TST
(Sottotitolo: non voglio fare la critica teatrale, non ne ho le capacità e le competenze, il tutto è un giudizio puramente personale, nessuno mi faccia causa grazie).
Scrivo ora (16 mar 3:10 am) perchè ho un flusso di coscienza da esternare.
Scrivo ora perchè domani il mio sturm und drang sarà cancellato, spero, dall'anidride carbonica di birra e di chinotto che sto tracannando.
Sono andata a vedere il Macbeth, regia di V(W?)alter Malosti.
Teatro d'avanguardia.
Riflessioni (o turbe?!?!) psicologiche-psichiche-psichiatriche del regista (nonchè primo attore) portate sul palco.
Forse sono io ad essere un'ignorante perchè il Macbeth non l'ho mai letto o una semplice di spirito perchè non percepisco i significati più filosofici e reconditi della messa in scena.
Ma, comunque, dopo tre atti e tre ore e fischietta di spettacolo, dopo essere stata sull'orlo di uccidere Macbeth con le mie mani perchè prolisso alla follia e praticamente immortale quanto un highlander, non ho capito nè la trama (a grandi linee qualcuno ammazza qualcun'altro che poi ammazza un altro perchè vuole il potere e poi quello che ha voluto il potere muore... ma le sfumature intermedie non le ho percepite) nè i significati reconditi. Non posso dunque neanche dire di aver capito uno e accontentarmi di non aver capito l'altro.
Analisi tecnica: spettacolo che si basa molto sulle musiche, sull'espressione corporea e sul balletto, su quadri che riportano la vicenda in chiave onirica, su personaggi resi in chiave altrettanto onirica (un po'alla Rocky Horror Show); belle le scenografie, le luci e, forse, la presenza scenica degli attori.
Dico forse perchè tensione scenica ce n'era, per lo meno quasi sempre, ma la protagonista, per esempio, è più una brava ballerina che un'attrice vera e propria e se vuoi fare Shakespeare a questo livello almeno Lady Macbeth devi prenderla che sappia recitare e che non sembri per tre ore morsa da una tarantola, il Lago dei Cigni sta da un'altra parte. E anche gli altri, in primis il protagonista (nonchè regista d'avanguardia), non si discostano dai tanti attori che caricano alla Carmelo Bene finchè regge la voce.
Ma la voce regge facilmente in questo caso, i microfoni fanno, per tutto lo spettacolo, da deus ex machina. Lo si può anche comprendere, per l'alto volume della musica e degli effetti sonori.
Non si possono comprendere, però, le molte battute registrate e fatte sentire mentre gli attori, padroni delle stesse voci che volteggiano posticce nell'etere, sono immobili in scena e la tensione scenica cala, perchè loro, cari Narcisi, stanno più ad ascoltare la propria bella vocina carina registrata nella cassetta che a pensare al buon Stanislavkij.
Scelta registica. Scelta alternativa. Scelta d'avanguardia. Scelta che può introdurre nuove tecniche espressive nel teatro.
Da chiedersi quante volte hanno ripetuto gli anelli prima che venisse con l'intenzione giusta. Da chiedersi se non sia troppo facile così. Da chiedersi se cessa un po' lo scopo, se cambia l'idea del teatro dove, sempre e comunque, DEVE essere buona la prima.
Ma no, sono io che non comprendo il teatro d'avanguardia.
Se nelle battute, live o registrate, avessero poi usato un linguaggio di avanguardia non volgarmente avanti ma semplicemente all'avanguardia invece che una finta avanguardia di sproloqui vari, toccando l'apice con "...tu piccolo bastardo cagato dal culo di un traditore..."(riferito a un neonato finto ma vero per finta), forse sarebbe stato davvero all'avanguardia.
Tentativo di uno Shakespeare all'avanguardia che ha pescato un po' qui e un po' là, dal già citato Rocky Horror fino a un qualsiasi video di Marilyn Manson.
Con saluti finali del gruppo tutti molto poco avanguardisticamente per mano ma non capaci di inchinarsi a tempo, effetto ola allo stadio (o forse stava lì l'avanguardia...!!!). Con uno degli attori secondari in costume di scena, tutù nero, zeppe nere in vernice, petto nudo e piercing a entrambe i capezzoli che manteneva il suo essere gay scenico anche in uno spocchioso e vezzeggiante non-inchinarsi agli applausi.
Io non capirò l'avanguardia, ma temo che altri siano troppo convinti di avere la capacità di gestirla, qualsiasi cosa propinino al pubblico che questa volta, educato e paziente, ha evitato la triste (per l'attore) scena di alzarsi durante lo spettacolo e andarsene. A fine spettacolo un buon 30% era comunque sparito. Complici gli intervalli. Sarebbe stato meglio un solo, insopportabile, atto unico, almeno avrebbe sbattuto in faccia, a chi stava on stage, la qualità della propria avanguardia.
La Stampa II
TST
(Sottotitolo: non voglio fare la critica teatrale, non ne ho le capacità e le competenze, il tutto è un giudizio puramente personale, nessuno mi faccia causa grazie).
Scrivo ora (16 mar 3:10 am) perchè ho un flusso di coscienza da esternare.
Scrivo ora perchè domani il mio sturm und drang sarà cancellato, spero, dall'anidride carbonica di birra e di chinotto che sto tracannando.
Sono andata a vedere il Macbeth, regia di V(W?)alter Malosti.
Teatro d'avanguardia.
Riflessioni (o turbe?!?!) psicologiche-psichiche-psichiatriche del regista (nonchè primo attore) portate sul palco.
Forse sono io ad essere un'ignorante perchè il Macbeth non l'ho mai letto o una semplice di spirito perchè non percepisco i significati più filosofici e reconditi della messa in scena.
Ma, comunque, dopo tre atti e tre ore e fischietta di spettacolo, dopo essere stata sull'orlo di uccidere Macbeth con le mie mani perchè prolisso alla follia e praticamente immortale quanto un highlander, non ho capito nè la trama (a grandi linee qualcuno ammazza qualcun'altro che poi ammazza un altro perchè vuole il potere e poi quello che ha voluto il potere muore... ma le sfumature intermedie non le ho percepite) nè i significati reconditi. Non posso dunque neanche dire di aver capito uno e accontentarmi di non aver capito l'altro.
Analisi tecnica: spettacolo che si basa molto sulle musiche, sull'espressione corporea e sul balletto, su quadri che riportano la vicenda in chiave onirica, su personaggi resi in chiave altrettanto onirica (un po'alla Rocky Horror Show); belle le scenografie, le luci e, forse, la presenza scenica degli attori.
Dico forse perchè tensione scenica ce n'era, per lo meno quasi sempre, ma la protagonista, per esempio, è più una brava ballerina che un'attrice vera e propria e se vuoi fare Shakespeare a questo livello almeno Lady Macbeth devi prenderla che sappia recitare e che non sembri per tre ore morsa da una tarantola, il Lago dei Cigni sta da un'altra parte. E anche gli altri, in primis il protagonista (nonchè regista d'avanguardia), non si discostano dai tanti attori che caricano alla Carmelo Bene finchè regge la voce.
Ma la voce regge facilmente in questo caso, i microfoni fanno, per tutto lo spettacolo, da deus ex machina. Lo si può anche comprendere, per l'alto volume della musica e degli effetti sonori.
Non si possono comprendere, però, le molte battute registrate e fatte sentire mentre gli attori, padroni delle stesse voci che volteggiano posticce nell'etere, sono immobili in scena e la tensione scenica cala, perchè loro, cari Narcisi, stanno più ad ascoltare la propria bella vocina carina registrata nella cassetta che a pensare al buon Stanislavkij.
Scelta registica. Scelta alternativa. Scelta d'avanguardia. Scelta che può introdurre nuove tecniche espressive nel teatro.
Da chiedersi quante volte hanno ripetuto gli anelli prima che venisse con l'intenzione giusta. Da chiedersi se non sia troppo facile così. Da chiedersi se cessa un po' lo scopo, se cambia l'idea del teatro dove, sempre e comunque, DEVE essere buona la prima.
Ma no, sono io che non comprendo il teatro d'avanguardia.
Se nelle battute, live o registrate, avessero poi usato un linguaggio di avanguardia non volgarmente avanti ma semplicemente all'avanguardia invece che una finta avanguardia di sproloqui vari, toccando l'apice con "...tu piccolo bastardo cagato dal culo di un traditore..."(riferito a un neonato finto ma vero per finta), forse sarebbe stato davvero all'avanguardia.
Tentativo di uno Shakespeare all'avanguardia che ha pescato un po' qui e un po' là, dal già citato Rocky Horror fino a un qualsiasi video di Marilyn Manson.
Con saluti finali del gruppo tutti molto poco avanguardisticamente per mano ma non capaci di inchinarsi a tempo, effetto ola allo stadio (o forse stava lì l'avanguardia...!!!). Con uno degli attori secondari in costume di scena, tutù nero, zeppe nere in vernice, petto nudo e piercing a entrambe i capezzoli che manteneva il suo essere gay scenico anche in uno spocchioso e vezzeggiante non-inchinarsi agli applausi.
Io non capirò l'avanguardia, ma temo che altri siano troppo convinti di avere la capacità di gestirla, qualsiasi cosa propinino al pubblico che questa volta, educato e paziente, ha evitato la triste (per l'attore) scena di alzarsi durante lo spettacolo e andarsene. A fine spettacolo un buon 30% era comunque sparito. Complici gli intervalli. Sarebbe stato meglio un solo, insopportabile, atto unico, almeno avrebbe sbattuto in faccia, a chi stava on stage, la qualità della propria avanguardia.